Monumento al Cardinale Dusmet

Piazza San Francesco d'Assisi. (Apri Mappa)
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Descrizione

Giuseppe Benedetto Dusmet (Palermo, 15 agosto 1818 – Catania, 4 aprile 1894) è stato un cardinale e arcivescovo cattolico italiano. È stato proclamato beato da papa Giovanni Paolo II nel 1988.
Chiamato in famiglia Melchiorre, era il primo di sei figli del capitano di vascello Luigi Dusmet barone de Smours e di Maria dei marchesi Dragonetti Gorgone.

All'età di 5 anni Melchiorre, che fin da bambino pare dimostrasse particolare dilezione per i poveri, entrò come oblato nella Badia benedettina cassinese di San Martino delle Scale in Palermo, dove si trovavano già due zii materni, D. Vincenzo e D. Leopoldo Dragonetti. Compiuti gli studi il padre lo richiamò a Napoli, dove la famiglia si era nel frattempo trasferita, per sposarlo a qualche nobile fanciulla. Gli sforzi del padre furono vani ed il ragazzo tornò nel 1833 a San Martino dove prese i voti monastici il 15 agosto del 1840 assumendo i nomi di Giuseppe Benedetto e nel 1841 fu ordinato sacerdote.

Fu subito notato da tutti per la brillante intelligenza e per la grande capacità di risolvere ogni tipo di problema, tanto che l'abate D. Carlo Antonio Buglio lo scelse come suo segretario personale.

Nel 1847 D. Carlo A. Buglio fu eletto Abate di Santa Flavia a Caltanissetta e portò con sé come segretario il giovane D. Giuseppe Dusmet, che anche qui fu subito notato sia dalla gente che dalle autorità ecclesiastiche per la spiccata intelligenza e la profonda spiritualità. Il vescovo Mons. Antonino Maria Stromillo infatti lo prese come confessore e consigliere nella gestione difficoltosa della nascente diocesi.

Nel 1850, essendovi dei problemi nell'Abbazia dei Santi Severino e Sossio a Napoli, dove i monaci non seguivano più la Regola, il Dusmet fu nominato Priore di quell'Abbazia e qui anche riuscì a compiere egregiamente la sua missione.
Nel 1852, dietro le insistenze di Mons. Stromillo, fu eletto Priore Amministratore dell'Abbazia di Santa Flavia in Caltanissetta, assumendo nel frattempo de facto la carica di vicario episcopale. Nei sei anni del suo governo il Monastero fu rinnovato sia nella struttura che nella vita spirituale e si riuscì a mantenere in tutto la Regula benedettina, nonostante vi fossero solo tre monaci (il Dusmet e i padri D. Visconte Proto e D. Placido Saugner) e un frate converso, e anche se l'ala sud del Monastero era occupata dai soldati borbonici.

Nel 1854/55 ci fu un'epidemia di colera, in cui il Dusmet si distinse per la grande carità dimostrata e per la pazienza che aveva nel curare i malati di ogni condizione sociale "tanto nell'umile tugurio quanto nei palazzi dei nobili". Tra la gente comune si insinuava già una consapevolezza, che portava ciascuno a dire, qualora vi fossero stati problemi da risolvere, di "rivolgersi al Priore Dusmet che è un santo".

Nel 1858 moriva Mons. Stromillo, confortato dal Priore Dusmet ed alcuni mesi dopo lo stesso Dusmet fu nominato abate del Monastero benedettino di San Nicolò l'Arena di Catania dove riportò tra i suoi confratelli la disciplina della regola benedettina, che nel tempo cominciava ad essere trascurata al punto da giustificare la rappresentazione grottesca che ne avrebbe dato successivamente Federico De Roberto ne I Viceré, descrivendolo come il dorato ricettacolo di una aristocrazia amorale, "un luogo di eterna delizia, dove la vita passava, senza cure dell'oggi e senza paure del domani, tra lauti conviti, sontuose cerimonie, gaie conversazioni e scampagnate gioconde".

Ciò però che mise a dura prova le sue qualità furono le trasformazioni politiche che la Sicilia visse nella fase dell'annessione al Regno d'Italia: nel 1860 come nel 1862 il Dusmet ebbe a che fare con Garibaldi, e la seconda volta dovette addirittura ospitarlo a San Nicolò con tutto il suo stato maggiore. Lasciò per ultimo nel 1866 il convento di San Nicolò che veniva espropriato dal neonato Regno d'Italia in seguito alle leggi di Soppressione degli Ordini Monastici.

Il 22 febbraio 1867 papa Pio IX lo nominò arcivescovo di Catania (la sede era vacante dal 1861) e fu ordinato vescovo il 10 marzo dello stesso anno. Continuò però a vivere la Regola pur nella dignità episcopale.

Appena ordinato nella Basilica di San Paolo fuori le mura in Roma il 10 marzo 1867, inviò una lettera ai catanesi, in cui tracciava il programma del suo episcopato, fra la riforma del presbiterio, l'incremento della fede, la fedeltà al Romano Pontefice, l'umiltà e la preghiera, non mancò di dare un posto rilevante a quella virtù che da sempre albergava sovrana nel suo cuore: la Carità. Così, rivolgendosi ai suoi scriveva:Queste parole sono un sunto del suo lungo e fruttuoso episcopato.

Nei ventisette anni in cui resse la diocesi di Catania il Dusmet operò con instancabile fervore prima di tutto in direzione di una riforma dei costumi del clero. Dopo averlo avviato a soluzione, si diede a coprire il territorio con una fitta rete di interventi non solo nel campo del culto (nella sola Catania furono aperte ventiquattro chiese, di cui sette di nuova costruzione), ma anche in quello dell'assistenza e dell'istruzione, tanto da imporre la Chiesa come elemento dinamico dello sviluppo locale particolarmente in riferimento alle condizioni dei poveri.

Negli anni del suo episcopato dovette anche affrontare numerose calamità (eruzioni dell'Etna, terremoti, alluvioni ed epidemie) che flagellarono Catania e la Sicilia, e si distinse sempre per il coraggio e l'immensa carità. Alla sua fede venne attribuita nel 1886 la salvezza dalla colata lavica del comune di Nicolosi: tutti riconobbero che, sebbene le previsioni fossero ben diverse, la lava si fermò grazie all'intercessione di Sant'Agata e alla preghiera del "santo cardinale", come comunemente ancora oggi molti lo appellano.

Il papa Leone XIII nel concistoro del 11 febbraio 1888 lo creò cardinale, primo benedettino dopo il Pitra, e il 14 febbraio dello stesso anno ricevette il titolo di Santa Pudenziana, segnatamente per i meriti di carità.
Lo stesso Leone XIII gli diede il compito di ricostituire il Collegio di Sant'Anselmo all'Aventino e di fondare la Confederazione Benedettina.

Il rientro a Catania fu un vero trionfo, benché il Card. Dusmet disdegnasse le solenni manifestazioni, non si poté stavolta trattenere il popolo che riconosceva in quella berretta rossa concessa dal Papa il più bel ringraziamento per quel Pastore benedetto.

Il Card. Dusmet venne onorato del cavalierato di gran croce dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Tornato a Catania il Cardinale Dusmet fu colpito da malattia e dopo pochi mesi, il 4 aprile 1894, morì alle 22.30, "così povero che non si trovò nemmeno un lenzuolo per coprire il suo corpo provato dai frequenti digiuni".
Il corpo fu sepolto nella Cappella dei Bianchi al Cimitero di Catania, ma subito la voce del popolo si fece sentire, affinché il Cardinale avesse degna sepoltura nella Chiesa Cattedrale. La città gli tributò i più grandi onori, gli dedicò la via Marina, una delle principali della città e avviò le pratiche per il trasferimento. Solenni funerali si celebrarono anche in Caltanissetta, debitrice verso il santo Cardinale e in Palermo, sua città natale.
Il 7 gennaio 1931 l'arcivescovo di Catania Carmelo Patanè iniziò la causa per la sua beatificazione.
Il 15 luglio 1965 papa Paolo VI proclamò Dusmet venerabile, firmando il decreto sull'eroicità delle virtù del Servo di Dio.

Il 25 settembre 1988 papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato. In quell'occasione la salma, ancora intatta, fu ricomposta in un'urna e posta sotto l'altare della Vergine nella Cattedrale etnea.

Un suo monumento, opera dello scultore Silvestre Cuffaro e a cui lavorarono anche Mimì Maria Lazzaro ed Elio Romano, è sito in piazza San Francesco d'Assisi. Ricorda alla cittadinanza la figura umile e nello stesso tempo grandiosa del Servo di Dio Giuseppe Benedetto Dusmet: sulla base del monumento è inciso l'incipit della frase esplicativa della carità del Cardinale già citata sopra:Il Martyrologium Romanum lo ricorda il 4 aprile, mentre la diocesi di Catania lo festeggia il 25 settembre.