Giardino Pacini

Via Beato Cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet 17. (Apri Mappa)
(75)

Descrizione

Il Giardino Pacini è uno dei due giardini più antichi della città e uno dei quattro giardini principali di Catania.

Sotto gli archi della Marina, sul cui viadotto passa il binario della ferrovia, vicino al porto, e subito fuori dalla antica porta della città "Porta Uzeda", è sito il Giardino Pacini, detto villa "Varagghi" in quanto frequentato in passato soprattutto da anziani che vi si recavano per rilassarsi e "sbadigliare". Lo sbadiglio infatti in catanese è detto "varagghio". Oggi il giardino, non molto grande, meno frequentato di allora, è sempre accessibile durante il giorno e presenta una zona attrezzata con scivoli ed altri giochi per i bambini.

La sua nascita risale ai primi tempi dell'Unità d'Italia quando venne riordinata l'area adiacente le Mura e la Porta Uzeda nell'area interessata dalla foce del fiume Amenano ove le lavandaie catanesi lavavano i panni; Venne realizzata una villetta con passeggiata a mare e riordinato il lavatoio, di cui oggi restano alcune tracce visibili di fronte alla pescheria. Nel 1866 iniziarono i lavori di costruzione della ferrovia per Siracusa con la costruzione dei contestati Archi della Marina, il lungo viadotto, che sottrasse parecchio spazio al giardino e cancellò la passeggiata a mare. Nel 1879 la villetta ebbe finalmente un nome: quello del musicista e compositore catanese Giovanni Pacini, scomparso poco più di un decennio prima, il cui busto in marmo bianco venne posto su di un piedistallo all'ingresso. L'opera era dello scultore Giovanni Duprè.

All'inizio degli anni trenta allo scopo di potenziare il Porto di Catania venne interrato il vecchio porto saraceno e canalizzata la foce del fiume Amenano realizzando il nuovo grande Molo Crispi. Con tale operazione la villetta perse la sua "ariosità" trovandosi incassata tra il viadotto della ferrovia e le recinzioni del porto. Un ulteriore mutilazione si ebbe nel dopoguerra quando venne realizzato il mercato ortofrutticolo tagliando un'ampia sezione di alberi e realizzandovi la cosiddetta Piazza Alcalà oggi piazza Borsellino e intorno agli anni sessanta quando venne raddoppiato il binario della ferrovia raddoppiando quindi l'area occupata dalle arcate del viadotto.